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Il bilancio d'esercizio in Euro

La redazione del bilancio in euro, possibile già dal 1° gennaio 1999, si basa su due principi fondamentali:
1. l'irreversibilità della scelta dell'euro, per salvaguardare la comparabilità e trasparenza dei bilanci;
2. la necessità che tutti i documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna (bilancio d'esercizio, bilancio consolidato, rendiconti e prospetti annuali e periodici) riferiti alla medesima data del primo documento redatto e pubblicato in euro siano anch'essi redatti e pubblicati in euro; l'obiettivo è quello di garantire l'omogeneità dell'informativa contabile obbligatoria.
Una volta decisa l'adozione dell'euro quale moneta di conto per la redazione del bilancio di esercizio, lo stesso dovrà essere compilato in euro senza decimali. I dati degli anni precedenti, originariamente espressi in lire, saranno convertiti in euro adottando il tasso di conversione con la lira (1936,27).

Dunque, la redazione e pubblicazione in euro dei documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna è subordinata alla condizione di aver adottato l'euro quale moneta di conto, in modo tale da mantenere un legame tra forma (pubblicazione del bilancio in euro) e sostanza (utilizzo dell'euro quale moneta di conto).
A questa regola fanno eccezione le banche, le società finanziarie, le imprese di assicurazione, le società quotate in borsa e le rispettive imprese controllate: queste società potranno pubblicare in euro i bilanci e gli altri prospetti a rilevanza esterna anche se non utilizzano ancora l'euro come moneta di conto.

Il bilancio in euro deve essere redatto utilizzando le unità di euro, fatta eccezione per la nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro. Anche il bilancio consolidato può essere redatto in migliaia di euro.
Limitatamente alle società quotate in borsa - diverse da banche, società finanziarie ed imprese di assicurazione (destinatarie di specifiche disposizioni) - la Consob ha previsto che la nota integrativa del bilancio di esercizio e di quello consolidato possa essere redatta in migliaia o in milioni di euro, purché siano garantite la significatività, la comparabilità e la chiarezza del bilancio.

Tali norme, obbligatorie dal 1° gennaio 2002, hanno un'efficacia anticipata per quei bilanci, d'esercizio e consolidati, che sono redatti in euro durante il periodo transitorio, che terminerà alla fine del 2001.

Distinzione tra redazione e pubblicazione del bilancio


La moneta utilizzata per pubblicare un bilancio può essere diversa da quella utilizzata per la sua redazione. La moneta utilizzata per la redazione del bilancio è concettualmente la moneta di conto utilizzata per la tenuta delle scritture contabili. La moneta utilizzata per la pubblicazione del bilancio, invece, è quella attraverso la quale i dati di bilancio vengono portati a conoscenza dei terzi. Un bilancio pubblicato in lire può essere pubblicato anche in euro al tasso fisso di conversione.

Regole di conversione

Nel passaggio da un bilancio in lire ad uno in euro occorre convertire in euro i saldi del bilancio dell'esercizio precedente. I dati comparativi, originariamente espressi in lire, da includere nei documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna, espressi in euro, sono convertiti in euro adottando il tasso di conversione con la lira.

Conversione dei saldi patrimoniali

- la conversione di tutte le poste monetarie attive (cassa, banche, crediti, effetti, depositi cauzionali) e passive (banche passive, fornitori, dipendenti) deve essere effettuata applicando il tasso fisso di conversione, con conseguente inclusione sul Conto Economico delle differenze di cambio emerse;
- la conversione di tutte le poste non monetarie (merci e voci di magazzino, immobili, mobili, capitale sociale e altre voci del netto patrimoniale) deve essere effettuata applicando il tasso fisso di conversione, con conseguente inclusione sul Conto Economico delle differenze di cambio emerse; in alternativa, si possono convertire solo quelle voci che generano perdite potenziali, lasciando al cambio storico le voci caratterizzate da utili potenziali;
- gli utili e le perdite emerse possono essere compensati rilevando la loro somma algebrica ed iscrivendola nel fondo rischi.

Trattamento delle differenze di cambio

Dal punto di vista tributario le differenze di cambio avrebbero dovuto emergere nel bilancio chiuso al 31.12.1998.
Infatti, i criteri generali di redazione del bilancio, se non derogati espressamente dalla normativa tributaria, hanno piena efficacia anche ai fini fiscali.
La legislazione nazionale ha però previsto metodi alternativi di rilevazione per chi non avesse provveduto nell'esercizio di competenza.
Immobilizzazione e beni ammortizzabili
I documenti elaborati dalla Commissione UE ("Aspetti contabili dell'introduzione dell'euro" del 20.06.97) e dalla Commissione congiunta per i principi contabili dei dottori commercialisti e dei ragionieri ("Problemi economico-contabili derivanti dall'introduzione dell'euro) prevedono che immobilizzazioni e beni ammortizzabili espressi in valuta continuino ad essere valutati ai tasso di cambio che si registrava al momento dell'acquisto.
La dottrina al riguardo ha sostenuto che le differenze di cambio emerse afferenti tali poste debbano comunque considerarsi realizzate a seguito della fissazione irrevocabile dei tassi di conversione e che le stesse avrebbero dovuto essere riconosciute nel conto economico 1998. In alternativa, è prevista la possibilità di iscrivere le differenze di cambio a incremento o riduzione delle riserve del patrimonio netto. Sotto il profilo fiscale, le differenze di cambio di cui sopra sono diventate tassabili o deducibili al momento in cui sono state iscritte nel conto economico o lo saranno al momento del loro realizzo.
Per quanto riguarda le immobilizzazioni in valuta, pur non esistendo una chiara norma in merito, è opinione prevalente che anche la loro valutazione per la conversione vada fatta sulla base dei cambi esistenti al momento in cui le stesse sono state acquistate.
É vero però che la forte svalutazione della lira rispetto ad altre monete partecipanti all'UME comporta che beni acquistati all'origine in tali valute estere risultano ad oggi convertiti in euro ad un valore inferiore rispetto a chi converte partendo dal valore originario in valuta estera.
Questo significa che l'espressione in euro dei bilanci italiani comporta una rappresentazione numericamente inferiore del patrimonio rispetto ad altri operatori comunitari.
Per ovviare a questo inconveniente nell'anno 2000 è stato introdotto un provvedimento che prevede la possibilità di procedere a una rivalutazione dei beni materiali e immateriali (con l'esclusione del magazzino) presenti nei bilanci delle imprese nazionali.
La legge di rivalutazione può permettere in alcuni casi di rendere nuovamente comparabili dati di bilancio con quelli delle imprese concorrenti estere.
I maggiori valori iscritti nel bilancio saranno riconosciuti ai fini fiscali a seguito del pagamento di un'imposta sostitutiva del 19% per i beni ammortizzabili e del 15% per quelli non ammortizzabili. Dato che la rivalutazione deve avvenire nel bilancio chiuso il 31 dicembre 2000, sarà possibile usufruirne indipendentemente dal fatto che le imprese abbiano o meno già adottato l'euro come moneta di conto.
Dal punto di vista del metodo, si possono identificare quattro modalità di calcolo:
- divisione del valore originario in valuta per il tasso fisso di conversione in euro di tale valuta;
- prodotto tra il valore storico in valuta con la parità fissa della lira con tale valuta; quindi divisione del risultato in lire per il tasso fisso di conversione euro/lira;
- divisione del valore storico in lire per il tasso fisso di conversione in euro della lira;
- divisione del valore storico in lire per la parità fissa della lira con la valuta originaria; divisione del risultato in valuta per il tasso fisso di conversione in euro.
La prima e la quarta modalità scontano il deprezzamento nel tempo della valuta originaria, mentre la seconda e terza modalità aggiungono anche l'effetto del deprezzamento della lira. Ambedue gli effetti alterano la significatività dei valori di bilancio espressi ai cambi storici.

tratto da www.euroimprese.it

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