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Normativa

CIRCOLARE 291/E
ADEMPIMENTI FISCALI DERIVANTI DALL'INTRODUZIONE DELL'EURO

Roma, in data 23.12.98
DIPARTIMENTO Entrate
Circolare n.291
1. PREMESSA
2. CONVERSIONE IN EURO DI IMPORTI ESPRESSI IN LIRE
3. ADOZIONE DELL'EURO QUALE MONETA DI CONTO
4. ADEMPIMENTI CONTABILI
4.1 Generalita'
4.2 Documenti contabili
4.2.1 Fatture e ricevute fiscali
4.2.2 Scontrini fiscali
4.3 Tenuta della contabilita' fiscale
4.4 Documenti contabili obbligatori aventi rilevanza esterna (bilanci,
prospetti e rendiconti)
4.5 Problematiche relative all'IVA di gruppo connesse con l'introduzione
dell'euro.
5. CONVERSIONE DEL CAPITALE SOCIALE IN EURO
5.1 Arrotondamento per eccesso
5.2 Arrotondamento per difetto
6. TRATTAMENTO DELLE DIFFERENZE DI CAMBIO
6.1 Imprese industriali, mercantili e di servizi
6.1.1 Metodo di imputazione "integrale e immediata" (art. 18, comma
3)
6.1.2 Metodo di imputazione "pro-rata" (art. 18, comma 5)
6.1.3 Metodo di imputazione "forfettaria" (art. 18, comma 6)
6.1.4 Utilizzo del fondo rischi su cambi ex art. 72 del TUIR
6.1.5 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di cambio ai
fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP
6.2 Banche e societa' finanziarie
6.2.1 Ambito soggettivo
6.2.2 Raffronto tra la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 213 del
1998 e quella contenuta nel D.Lgs. n. 87 del 1992
6.2.3 Lett. a) del comma 4 dell'art. 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998
6.2.4 Lett. b) del comma 4 dell'art. 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998
6.2.5 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di cambio ai
fini dell'IRAP
6.3 Imprese di assicurazione
6.3.1 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di cambio ai
fini delle imposte sui redditi
7. COSTI E SPESE SOSTENUTE PER L'ADEGUAMENTO ALL'EURO
8. STABILI ORGANIZZAZIONI ALL'ESTERO
9. CONTABILITA' PLURIMONETARIA
10. DICHIARAZIONI
10.1 Generalita'
10.2 Aspetti particolari per i sostituti di imposta
10.3 Aspetti particolari per le dichiarazioni IVA periodiche e annuali
11. ALTRI TRIBUTI INDIRETTI, DIVERSI DALL'IVA, E TRIBUTI LOCALI
12. VERSAMENTI DA EFFETTUARE
APPENDICE 1
SPECIFICHE TECNICHE E MODALITA' DI ADEGUAMENTO DEGLI APPARECCHI MISURATORI
FISCALI
- Modalita' di adeguamento degli apparecchi misuratori fiscali
- Dispositivi visualizzatori
- Operazioni sulla memoria fiscale
- Criteri di approvazione dei nuovi modelli e delle modifiche di quelli gia'
omologati
APPENDICE 2
DISPOSIZIONI NORMATIVE
- Regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio del 17 giugno 1997
- Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998
- Decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213
*******


1. PREMESSA.
Come e' noto, il 31 dicembre 1998 verranno fissati irrevocabilmente i
tassi di conversione in euro delle monete degli Stati membri partecipanti
all'Unione Europea Monetaria (UEM) e, a partire dal 1 gennaio 1999, l'euro
diventera', di diritto, valuta dei predetti Stati.
Nella cosiddetta fase "transitoria" - che riguarda il periodo dal 1
gennaio 1999 al 31 dicembre 2001 - l'euro avra' pieno valore legale come
moneta scritturale (non circolera' come moneta cartacea e metallica) e,
insieme alla lira, avra' corso legale nello Stato italiano.
Dal 1 gennaio 2002 l'euro sara' immesso in circolazione sotto forma di
banconote e monete metalliche, mentre la lira verra' ritirata dalla
circolazione e cessera' di avere corso legale al piu' tardi il 30 giugno 2002.
A livello comunitario l'introduzione dell'euro e' disciplinata dal
Regolamento (CE) n. 1103/97 del 17 giugno 1997 e dal Regolamento (CE)
n. 974/98 del 3 maggio 1998.
Per quanto riguarda l'Italia, con il D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213
(Supplemento ordinario n. 116/L alla G.U. n. 157 dell'8 luglio 1998), recante
"Disposizioni per l'introduzione dell'euro nell'ordinamento nazionale", sono
state emanate le relative norme nazionali, in attuazione della delega
contenuta nella legge 17 dicembre 1997, n. 433.
L'art. 1 di detto decreto fornisce le definizioni dei principali
riferimenti adoperati nel provvedimento stesso, dei quali si segnalano i piu'
significativi sotto il profilo fiscale:
- "strumenti giuridici": disposizioni normative, atti amministrativi,
decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di
pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri
strumenti aventi efficacia giuridica, di cui al Regolamento (CE) n. 1103/97
del 17 giugno 1997;
- "tasso di conversione": il tasso di cambio irrevocabilmente fissato tra
l'euro e la moneta nazionale di uno Stato membro partecipante e tra l'euro e
l'ecu;
- "valute aderenti": le monete nazionali degli Stati membri partecipanti,
nonche' l'ecu;
- "periodo transitorio": il periodo di tempo compreso tra il 1 gennaio 1999 e
il 31 dicembre 2001;
- "documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna": il bilancio
d'impresa, il bilancio consolidato, gli altri prospetti e rendiconti annuali
e infra-annuali, periodici e straordinari, destinati al pubblico;
- "moneta di conto": la moneta, lira o euro, che risulta in prevalenza
utilizzata, a partire da un dato momento, per la rilevazione delle
operazioni di gestione;
- "elementi monetari": le disponibilita' di denaro, le attivita' e passivita'
iscritte in bilancio e le restanti operazioni in corso (dette anche "fuori
bilancio") che comportano o comporteranno il diritto ad incassare o
l'obbligo a pagare a date future importi di denaro determinati o
determinabili;
- "attivita', passivita' e operazioni fuori bilancio": gli elementi
dell'attivo e del passivo del bilancio nonche' le garanzie rilasciate, gli
impegni a erogare o a ricevere fondi, i contratti di compravendita non
ancora regolati e i contratti derivati.
Cio' premesso, al fine di una uniforme applicazione delle suddette
disposizioni normative, si forniscono di seguito chiarimenti in ordine alle
conseguenti implicazioni di natura fiscale.
2. CONVERSIONE IN EURO DI IMPORTI ESPRESSI IN LIRE.
Il Regolamento (CE) n. 974/98 stabilisce all'art. 2 che, a decorrere
dal 1 gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti (Belgio,
Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria,
Portogallo e Finlandia) e' l'euro. L'unita' monetaria e' un euro e l'euro e'
diviso in cento centesimi.
Il successivo art. 3 dispone che l'euro sostituisce, al tasso di
conversione irrevocabilmente fissato al 31 dicembre 1998, la moneta di
ciascuno Stato membro partecipante.
Inoltre, l'art. 6 del Regolamento in parola dispone, relativamente al
periodo transitorio, che "ove uno strumento giuridico faccia riferimento a
un'unita' monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un
riferimento all'unita' euro in base ai tassi di conversione".
E' appena il caso di chiarire che tale principio si applica anche agli
importi in lire contenuti nel D. L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con
modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, ancorche' gli stessi siano la
risultante della conversione dall'ecu, atteso che derivano dalla Direttiva
n. 91/680 del 16 dicembre 1991, la quale fissava a tale data il tasso di
conversione dell'ecu.
Il Regolamento (CE) n. 1103/97, a sua volta, stabilisce all'articolo 5
le regole di arrotondamento che occorre seguire nel caso di conversioni in
euro o nelle monete nazionali di importi monetari da pagare o contabilizzare.
Tali importi, se espressi in euro, devono essere arrotondati al
centesimo (che come sopra detto costituisce l'unita' divisionale minima della
moneta in parola), per eccesso, se la frazione non e' inferiore a 0,005 euro,
e, per difetto, se la frazione e' inferiore a tale ammontare.
In sostanza, in base all'enunciato criterio, si avra', ad esempio, che
un importo di 10,254 euro va arrotondato a 10,25 euro mentre un importo di
10,255 euro, o superiore, si arrotonda a 10,26 euro.
A tale proposito, e' opportuno segnalare che il nuovo metodo
differisce da quello costantemente usato, ad esempio, in materia di imposte
sui redditi e di IVA, che prevede, al contrario, l'arrotondamento per difetto
degli importi che si pongono nel mezzo, per cui lire 1.500 sono arrotondate a
lire 1.000 mentre lire 1.501 sono arrotondate a lire 2.000.
Occorre tenere anche conto di quanto stabilito dall'art. 2 del
Regolamento (CE) n. 1103/97, il quale prevede che qualunque riferimento
all'ecu contenuto in uno strumento giuridico, se fatto ai sensi dell'art. 109
G del Trattato e secondo la definizione di cui al Regolamento (CE) n. 3320/94,
e' sostituito da un riferimento all'euro al tasso di un euro per un ecu.
3. ADOZIONE DELL'EURO QUALE MONETA DI CONTO.
L'art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 213 del 1998, stabilisce che, a
decorrere dal 1 gennaio 1999, le imprese hanno la facolta' di adottare l'euro
come moneta di conto.
In proposito si ricorda che la Relazione illustrativa del citato
decreto legislativo precisa che per "imprese" devono intendersi quelle
definite come tali dalla legislazione fiscale. Pertanto, ai fini che qui
interessano, occorre fare riferimento all'art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972,
n. 633, e quindi anche alle imprese agricole.
Il comma 2 dello stesso art. 16 prevede, inoltre, che quando l'euro e'
utilizzato come moneta di conto, i documenti contabili obbligatori a rilevanza
esterna, secondo la definizione riportata in premessa, riferiti ad una data
compresa tra il 1 gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001, possono essere ad ogni
effetto redatti e pubblicati in euro, mentre quelli riferiti a date successive
devono essere redatti e pubblicati in euro.
Attesa la tassativita' dell'elencazione contenuta nell'art. 1, comma
1, lett. n), del decreto in discorso, la suddetta regola vale soltanto
relativamente ai documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna sopra
indicati.
I successivi commi dell'art. 16 riguardano in particolare:
- i documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna delle banche e delle
societa' finanziarie, delle imprese di assicurazione, delle societa'
emittenti gli strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati
italiani di cui all'art. 1, comma 2, lettere a) e b) del D.Lgs. 24 febbraio
1998, n. 58 e le rispettive imprese controllate, cosi' come definite dalle
norme che disciplinano il bilancio consolidato (comma 3);
- le modalita' di redazione dei documenti contabili obbligatori a rilevanza
esterna (commi 4, 5, 6 e 7);
- le modifiche al codice civile e alle leggi speciali al fine di adeguare
talune norme relative al bilancio di esercizio e a quello consolidato
all'euro (comma 8).
Le regole poste nei commi 1, 2, 4, 5 e 6 del citato art. 16 si
applicano, in quanto compatibili, ai sensi dell'art. 20 del medesimo decreto,
agli operatori economici diversi dalle imprese.
Con riguardo ai soggetti configurabili quali "operatori economici
diversi dalle imprese", si precisa che in tale categoria rientrano gli enti di
cui alla lettera c), del comma 1, dell'art. 87 del Testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ossia gli
enti pubblici e privati, diversi dalle societa', ivi comprese le ONLUS, che
non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita'
commerciali o agricole, atteso che anche tali soggetti possono essere tenuti
per legge o per statuto alla redazione di un bilancio ovvero di un rendiconto.
Sono inquadrabili tra gli operatori economici diversi dalle imprese
anche gli esercenti arti e professioni, nei cui confronti si rende di fatto
applicabile il solo comma 1 dell'art. 16 del D.Lgs. n. 213 del 1998.
4. ADEMPIMENTI CONTABILI.
4.1 Generalita'.
Al fine della applicazione delle disposizioni normative di cui
all'art. 16 del D.Lgs. n. 213 del 1998, si forniscono alcuni chiarimenti in
materia di fatturazione delle operazioni, di certificazione dei corrispettivi,
di registrazione delle operazioni e di liquidazione dell'imposta sul valore
aggiunto nonche' in materia di tenuta delle scritture contabili.
Va preliminarmente chiarito che gli importi da indicare nella
documentazione fiscale (fatture, scontrini, ecc.) e in contabilita' - se
espressi in euro, anche per conversione di valori in lire - devono essere
arrotondati al centesimo piu' prossimo solo se si tratta di autonomi importi
da pagare o contabilizzare.
Quando non ricorre questa ipotesi, si e' in presenza dei cosiddetti
calcoli intermedi in ordine ai quali vi e', in linea di massima, la liberta'
di trattarli, anche elettronicamente, con un numero di cifre decimali a
piacere, salvo che ricorrano le residuali ipotesi previste dagli articoli 3 e
4 del citato decreto.
4.2 Documenti contabili.
4.2.1 Fatture e ricevute fiscali.
Durante il periodo transitorio i contribuenti possono emettere
liberamente fatture in lire o in euro (cosi' come possono emetterne talune in
lire e talune in euro), ovvero riportare la doppia indicazione, prescindendo
dalla moneta utilizzata per la contabilizzazione delle operazioni, atteso che
la fattura non rientra tra i documenti contabili obbligatori a rilevanza
esterna elencati nell'art. 1, comma 1, lett. n), del D.Lgs. n. 213 del 1998.
Peraltro, non potendosi considerare ne' la lira ne' l'euro come valuta
estera, non sara' necessario prendere nota della valuta (euro o lira) in cui
e' stata emessa la fattura che viene convertita nell'altra ai fini della
registrazione.
Si precisa che, qualunque sia la valuta in cui si emette la fattura,
tutti gli elementi in essa contenuti (quali l'imponibile, l'imposta e il
totale) devono essere espressi nella medesima valuta.
Allo scopo di agevolare i contribuenti e' comunque consentita la
doppia indicazione in fattura dei dati, sia in lire che in euro.
Nella conversione in euro delle fatture emesse in lire,
l'arrotondamento e' effettuato fino al centesimo di euro, ossia fino a due
cifre decimali e gli importi decimali devono essere separati dalle unita'
mediante i simboli convenzionalmente in uso: in Italia attualmente la virgola.
La conversione in euro deve interessare gli elementi fiscalmente
rilevanti (imponibile, imposta, ritenute, ecc.) contenuti nella fattura, negli
ammontari in essa indicati, arrotondandoli secondo il criterio sopra enunciato
e sommando i due importi gia' convertiti in euro al fine di ottenere il totale
nella stessa valuta. Quest'ultimo puo' anche discostarsi dal totale espresso
in lire, ma e' da ritenere che la differenza potra' essere scarsamente
rilevante.
Per cio' che concerne i calcoli intermedi - categoria residuale che
comprende gli importi diversi da quelli che vanno autonomamente contabilizzati
o pagati - occorre distinguere se gli stessi siano contenuti in strumenti
giuridici diversi dalle norme vigenti ovvero se siano contenuti in norme
vigenti.
Nel primo caso si applica l'articolo 3 del D.Lgs. n. 213 del 1998,
mentre, nel secondo caso, l'articolo 4 del medesimo decreto.
Relativamente all'articolo 3 si precisa che lo stesso e' applicabile
se:
- un contratto esprime il prezzo unitario di un bene in lire;
- si tratta di importi non superiori alle migliaia di lire;
- occorre convertire tali importi in euro (perche', ad esempio, il fornitore
vuole fatturare in questa valuta);
- manca un diverso accordo delle parti;
- non si tratta di autonomi importi da contabilizzare o da pagare.
In presenza delle condizioni sopra evidenziate l'articolo in rassegna
impone di utilizzare l'importo convertito in euro con almeno:
- cinque cifre decimali per gli importi originariamente espressi in unita' di
lire (da 1 a 9 lire);
- quattro cifre decimali per gli importi originariamente espressi in decine di
lire (da 10 a 99 lire);
- tre cifre decimali per gli importi originariamente espressi in centinaia di
lire (da 100 a 999 lire);
- due cifre decimali per gli importi originariamente espressi in migliaia di
lire (da 1.000 a 9.999 lire).
Si tratta, come si puo' notare, di fattispecie che presumibilmente
ricorreranno in un numero circoscritto di casi.
Per quanto riguarda gli importi in lire contenuti in norme vigenti,
l'articolo 4 si occupa solo di talune fattispecie (tariffe, prezzi
amministrati o comunque imposti), sempreche' non si tratti di un autonomo
importo monetario da pagare o contabilizzare e che occorra convertirlo in
euro, prevedendo l'obbligo di utilizzare lo stesso numero di decimali di cui
all'articolo 3.
All'infuori dei suddetti casi trovano applicazione i principi
comunitari secondo i quali gli importi indicati nella valuta nazionale si
intendono espressi nel corrispondente valore in euro, in base ai tassi di
conversione.
In ordine, poi, alla conversione in lire delle fatture emesse in euro,
si precisa che essa va effettuata con gli stessi criteri gia' descritti, con
la conseguenza che dovranno essere convertiti in lire l'imponibile e l'imposta
indicati in euro nella fattura.
Nel caso in cui dalla conversione degli importi dall'euro in lire
risultino dei numeri decimali, gli importi medesimi devono essere arrotondati
ai sensi dell'art. 5 del Regolamento (CE) n. 1103/97; conseguentemente non
risulta applicabile l'art. 21 del D.P.R. n. 633 del 1972 secondo cui, invece,
nella fattura l'aliquota e l'ammontare dell'imposta vanno espressi con
arrotondamento alla lira delle frazioni inferiori.
I criteri e le modalita' di conversione in euro o in lire degli
importi indicati nella diversa valuta, sin qui esposti con riferimento alle
fatture, sono validi anche per l'emissione delle ricevute fiscali e dei
documenti di trasporto di cui all'art. 2 del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696,
recanti l'indicazione dei corrispettivi.
Per quanto riguarda, infine, la conversione delle fatture
intracomunitarie, si rammenta che l'art. 43, comma 3, del D. L. n. 331 del
1993 prevede, ai fini della determinazione della base imponibile relativa agli
acquisti intracomunitari, che "i corrispettivi, le spese e gli oneri di cui
all'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, in valuta estera sono computati secondo il cambio del giorno, se indicato
nella fattura, di effettuazione dell'operazione o, in mancanza di tale
indicazione, della data della fattura".
Ferma restando tale procedura, si evidenzia che, a partire dal 1
gennaio 1999, nell'ipotesi di fatture espresse in una delle valute aderenti,
gli acquirenti nazionali devono preliminarmente convertire, ai sensi
dell'art. 4, comma 4, del citato Regolamento (CE) n. 1103/97, tali importi in
euro, con arrotondamento almeno fino alla terza cifra decimale e,
successivamente, convertire l'importo ottenuto in moneta nazionale. Non
possono essere utilizzati metodi alternativi di calcolo, salvo se producano
gli stessi risultati.
Si propongono i seguenti esempi:
1) operatore francese emette fattura in franchi francesi: l'acquirente
nazionale provvede a convertire i franchi in euro e, successivamente,
l'importo ottenuto in lire. Quest'ultima conversione, da effettuarsi anche
nell'ipotesi in cui il cessionario abbia scelto di tenere una contabilita'
espressa in euro, e' necessaria per la compilazione della colonna 5 del
mod. INTRA-2 bis, concernente il riepilogo degli acquisti intracomunitari
di beni;
2) operatore francese emette fattura in euro: l'acquirente nazionale provvede
a convertire l'importo espresso in euro sia in lire italiane sia in franchi
francesi. La doppia conversione si rende necessaria al fine della
compilazione delle colonne 4 e 5 del citato mod. INTRA-2 bis;
3) operatore francese emette fattura in dollari statunitensi:
l'acquirente nazionale provvede a convertire i dollari in euro e,
successivamente, l'importo ottenuto sia in lire italiane sia in franchi
francesi, ai fini anche della compilazione delle colonne 4 e 5 del citato
mod. INTRA-2 bis. In tale ipotesi, la conversione dollari-euro va
effettuata con riferimento alla data di effettuazione dell'operazione, se
indicata in fattura, o, in mancanza di tale indicazione, con riferimento
alla data della fattura stessa, secondo quanto stabilito dall'art. 43 del
D.L. n. 331 del 1993 (Cfr. Circolare n. 13 del 23 febbraio 1994, parte B,
paragrafo 5.1), utilizzando il tasso di cambio giornalmente comunicato
dagli organi competenti, con l'avvertenza che, in assenza di detto cambio,
va fatto riferimento a quello del giorno antecedente piu' prossimo;
4) operatore della Gran Bretagna (Stato membro dell'Unione Europea non
partecipante all'euro) emette fattura in sterline inglesi: l'acquirente
nazionale provvede a convertire le sterline in euro, secondo il tasso di
cambio giornalmente comunicato dagli organi competenti e, successivamente,
l'importo ottenuto in lire.
E' appena il caso di precisare che, anche durante il periodo
transitorio, la procedura di registrazione degli acquisti intracomunitari di
cui all'art. 47 del D.L. n. 331 del 1993 resta invariata, con i dovuti
aggiustamenti connessi alla possibilita' di annotare indifferentemente, come
sopra detto, sia importi in euro che importi in lire.
Si fa presente, infine, che per le cessioni intracomunitarie, qualora
sia emessa fattura in euro, si rende necessario in ogni caso procedere alla
conversione in lire dell'ammontare dell'operazione ai fini della compilazione
della colonna 4 del mod. INTRA-1 bis, ferma restando, ovviamente, la
possibilita' di registrarla in euro.
Con riguardo alle procedure di annotazione nei modelli INTRA,
evidenziate nei punti che precedono, si precisa che le stesse valgono nella
prima fase dell'introduzione dell'euro, salvo ulteriori indicazioni che
verranno fornite a seguito di un coordinamento a livello comunitario.
4.2.2 Scontrini fiscali.
Si precisa, in linea generale, che nel periodo transitorio non vi e'
l'obbligo di modificare l'attuale funzionamento in lire degli apparecchi
misuratori fiscali, ferma restando la possibilita' di indicare gli importi
anche in euro o solo in euro.
Per quanto concerne l'organizzazione e il contenuto dello scontrino
fiscale si ritengono ammissibili le seguenti soluzioni alternative.
1. Esposizione nello scontrino fiscale delle singole transazioni in lire;
indicazione dell'importo totale in lire (associato al simbolo "L." o alla
scritta "LIRE" o "lire" o "Lit.") e del corrispondente importo totale in
euro (associato al simbolo "h", alla sigla "EUR" o "Eur" o alla scritta
"euro" o "EURO"), ottenuto dalla conversione dell'importo totale in lire ed
espresso con non piu' di due cifre decimali, qualora si tratti di autonomi
importi da pagare o contabilizzare; i suddetti due totali possono essere
indicati su una sola riga o su due righe; e' facoltativa l'esplicitazione
del rapporto di conversione (ad esempio 1 euro pari a ....... lire).
2. Emissione dello scontrino fiscale in lire ed emissione consecutiva di
un'appendice recante in testa e in coda la scritta "appendice in euro",
attivabile dall'operatore con l'apposito tasto solo dopo la chiusura di uno
scontrino fiscale. Il secondo documento, se emesso, deve contenere tutti i
dati riportati nello scontrino fiscale, esclusi il numero progressivo e il
logotipo fiscale, e deve essere rilasciato al cliente, costituendo
sostanzialmente la copia in euro dello scontrino fiscale vero e proprio,
senza che abbia peraltro alcuna autonoma rilevanza fiscale.
Lo scontrino fiscale e' emesso con l'indicazione delle singole voci e
dell'importo totale in lire; e' facoltativo l'utilizzo del simbolo "L." o
"Lit." nell'indicazione del totale. Il secondo documento deve indicare le
singole voci espresse in euro, con non piu' di due cifre decimali, qualora
si tratti di autonomi importi da pagare o contabilizzare; in testa alla
colonna degli importi delle transazioni deve essere indicato il simbolo "h"
o la sigla "EUR" o "Eur" o la parola per esteso "euro" o "EURO"; l'importo
totale deve essere preceduto dal simbolo "h" o dalla sigla "EUR" o "Eur" o
dalla parola "euro" o "EURO" e deve essere ottenuto dalla somma dei singoli
addendi gia' convertiti in moneta europea.
3. Emissione di uno scontrino con esplicita indicazione della moneta
utilizzata per ogni singolo importo. Sono autorizzate le seguenti due
possibilita' alternative di organizzazione dello scontrino fiscale:
3.1 Esposizione delle transazioni per colonne affiancate, una dedicata
agli importi in lire e l'altra agli importi espressi in euro, questi
ultimi importi ottenuti mediante conversione, con indicazione in testa
ad ogni colonna del simbolo della valuta o della sigla o della
corrispondente parola per esteso, nel rispetto delle regole nazionali e
comunitarie (h, EUR, Eur, EURO, euro, L., Lit., Lire). Il totale dei
valori in euro e' la somma delle singole voci. Ogni voce e il totale
sono espressi con non piu' di due cifre decimali, qualora si tratti di
autonomi importi da pagare o contabilizzare;
3.2 Esposizione delle singole transazioni su righe diverse e successive,
indicando su una i valori espressi in lire e sull'altra quelli espressi
in euro, con non piu' di due cifre decimali, qualora si tratti di
autonomi importi da pagare o contabilizzare, facendo precedere ogni
voce dall'esplicita relativa indicazione del simbolo o della sigla o
della parola per esteso; il valore in euro deve risultare dalla
conversione del corrispondente valore espresso in lire. L'importo
totale in euro deve risultare dalla somma dei singoli importi parziali
in euro. e' possibile allineare l'importo in euro sulla sinistra dello
scontrino adottando solo per esso il relativo simbolo, sigla o parola
per esteso.
4. Emissione di uno scontrino fiscale con valori espressi in lire, che reca in
appendice, senza soluzione di continuita', uno spazio nel quale evidenziare
soltanto gli importi delle transazioni e del totale espressi in euro. Tali
indicazioni devono essere collocati almeno tre righe dopo il logotipo
fiscale ed il numero di matricola, con l'apposizione in testa e in coda
all'indicazione medesima della scritta "appendice in euro". La funzione
puo' essere attivata dall'operatore con apposito comando della tastiera.
Nel caso di emissione dello scontrino fiscale con valori espressi solo
in euro, si applicano in modo speculare le stesse soluzioni di cui ai punti
precedenti.
Le conversioni da un'unita' monetaria all'altra debbono rispettare in
ogni caso le regole comunitarie al riguardo, facendo riferimento, per
quanto riguarda il simbolo, l'abbreviazione ed il nome sia della lira che
dell'euro, a quanto indicato nel precedente punto 3.1.
Relativamente allo scontrino di chiusura giornaliera, si precisa che
la struttura dello stesso deve rimanere invariata nel periodo transitorio,
ferma restando la possibilita' di esprimere gli importi solo in lire, solo
in euro, ovvero in entrambe le valute.
In particolare si precisa che nel caso in cui nel periodo transitorio
sia attivata la funzione di emissione di scontrini fiscali, alcuni espressi
in lire ed altri in euro, nello scontrino di chiusura giornaliera dovranno
essere indicati separatamente in lire ed in euro gli importi prescritti
dall'art. 12 del D.M. 23 marzo 1983.
Per quanto attiene alle specifiche tecniche e alle modalita' di
adeguamento degli apparecchi misuratori fiscali, si rinvia a quanto
contenuto nell'appendice 1 alla presente circolare.
4.3 Tenuta della contabilita' fiscale.
Nel periodo transitorio i contribuenti, indipendentemente dal regime
contabile adottato (contabilita' ordinaria, semplificata, ecc.), hanno la
facolta' di effettuare le annotazioni delle operazioni nelle scritture
contabili obbligatorie, in lire o in euro.
Si precisa che nel suddetto periodo transitorio la scelta tra l'una o
l'altra valuta puo' essere effettuata senza alcuna formalita', essendo
rilevante, al riguardo, il comportamento concludente del contribuente e puo'
aver luogo in qualsiasi momento del periodo d'imposta, senza che cio' comporti
necessariamente l'attivazione di nuovi registri contabili, fermo restando
l'obbligo di effettuare gli opportuni adattamenti.
Qualora il contribuente intenda tenere la contabilita' in entrambe le
valute, l'annotazione nel registro di cui all'art. 23 del D.P.R. n. 633 del
1972, fermo restando che l'operazione deve essere registrata una sola volta,
sara' effettuata in relazione alla valuta prescelta nell'emissione della
fattura. In particolare, saranno utilizzate soltanto le colonne denominate in
lire per le fatture emesse in tale valuta e quelle denominate in euro per le
fatture emesse in quest'ultima valuta.
Analogamente, i soggetti di cui all'art. 22 del D.P.R. n. 633 del
1972, che esercitano il commercio al minuto e le attivita' assimilate, possono
annotare i corrispettivi delle operazioni effettuate in ciascun giorno,
nonche' le eventuali fatture emesse, nel registro di cui all'art. 24 del
medesimo decreto in lire o in euro.
Si precisa che per le fatture di acquisto, da registrare ai sensi
dell'art. 25 del D.P.R. n. 633 del 1972, si applicano gli stessi criteri sopra
illustrati con riferimento alle fatture emesse.
Pertanto, nel caso in cui un soggetto riceva una fattura in una delle
valute aderenti ovvero in valute diverse, lo stesso puo' registrarla in euro o
in lire.
In ordine alla registrazione di fatture espresse in una delle valute
aderenti, si rammenta che, ai sensi dell'art. 4, comma 4, del Regolamento (CE)
n. 1103/97, gli importi monetari da convertire in lire debbono essere prima
convertiti in euro e arrotondati almeno fino alla terza cifra decimale.
Resta ferma, naturalmente, la possibilita' di avvalersi, per motivi di
organizzazione aziendale, di registri sezionali in cui annotare le operazioni
in lire o in euro, da tenere ai sensi dell'art. 39 del D.P.R. n. 633 del 1972.
4.4 Documenti contabili obbligatori aventi rilevanza esterna (bilanci,
prospetti e rendiconti).
Come gia' precisato, l'art. 16 del D.Lgs. n. 213 del 1998 stabilisce
che, a partire dalla redazione e pubblicazione del primo documento contabile
obbligatorio a rilevanza esterna in euro, tutti i documenti della medesima
natura, riferiti a quella data e a date successive, sono redatti in euro salvo
che ricorrano particolari ragioni.
In assenza di specifiche previsioni che impongano l'obbligo di
adottare la contabilita' in euro dopo la redazione (e la pubblicazione per i
soggetti tenuti a tale adempimento) del primo documento contabile obbligatorio
a rilevanza esterna, le imprese medesime, durante il periodo transitorio,
mantengono la facolta' di annotare le operazioni sia in lire che in euro.
4.5 Problematiche relative all'IVA di gruppo connesse con l'introduzione
dell'euro.
Come gia' detto, durante il periodo transitorio le imprese e gli altri
operatori economici possono adottare l'euro come moneta di conto, oppure
continuare a tenere le proprie scritture contabili con l'indicazione degli
importi in lire.
Questo principio e' valido anche per gli enti e le societa'
controllanti e controllate che fruiscono della facolta' di compensare
l'imposta sul valore aggiunto in capo al soggetto controllante, ai sensi
dell'art. 73 del D.P.R. n. 633 del 1972 e delle disposizioni recate dal D.M.
13 dicembre 1979. Al riguardo si evidenzia che, all'interno di un gruppo, e'
consentito sia al soggetto controllante che a ciascun soggetto controllato di
scegliere liberamente la propria unita' di conto, senza essere giuridicamente
vincolato dalla scelta effettuata dagli altri soggetti del gruppo.
Ne consegue che nel caso in cui all'interno di un gruppo non vi sia
omogeneita' nella scelta dell'unita' di conto, in sede di liquidazione
dell'imposta, al fine di effettuare la compensazione tra debiti e crediti
all'interno del gruppo, per calcolare l'eventuale versamento o l'eventuale
credito d'imposta, la societa' o ente controllante deve convertire nell'unita'
di conto dallo stesso adottata (lira o euro) tutti gli importi risultanti
dalle liquidazioni dei singoli enti o societa' che compongono il gruppo.
Si fa presente, inoltre, che, se un gruppo fruisce della facolta'
prevista dalla normativa sopramenzionata, nell'ipotesi in cui al suo interno
non vi sia omogeneita' di unita' di conto, il soggetto controllante
(cosiddetto capogruppo) deve presentare all'Ufficio del proprio domicilio
fiscale la propria dichiarazione e i due prospetti riguardanti, il primo, le
liquidazioni periodiche, i versamenti e la determinazione dell'IVA del gruppo
(modello IVA 26 PR), e il secondo, le liquidazioni periodiche proprie e quelle
dei soggetti controllati (modello IVA 26 LP), con le indicazioni dei dati
espressi nell'unita' di conto prescelta dal controllante (lira o euro), anche
se diversa da quella adottata dai soggetti controllati.
Ovviamente, i soggetti controllati devono presentare la propria
dichiarazione nell'unita' di conto prescelta.
5. CONVERSIONE DEL CAPITALE SOCIALE IN EURO.
L'art. 17, comma 1, del D. Lgs n. 213 del 1998 disciplina le
operazioni di conversione in euro del capitale sociale espresso in lire
mediante l'applicazione del tasso di conversione al valore nominale delle
azioni, arrotondando il risultato cui si perviene ai centesimi di euro,
secondo quanto stabilito dall'art. 5 del Regolamento (CE) n. 1103/97.
Il successivo comma 2 stabilisce che, qualora l'arrotondamento di cui
sopra venga effettuato per eccesso, l'aumento del capitale sociale e il
corrispondente aumento del valore nominale delle azioni deve avvenire mediante
l'utilizzo di riserve, ivi compresa quella legale se necessaria, e dei fondi
speciali iscritti in bilancio.
Inoltre, il comma 4 dello stesso articolo 17 precisa che, se
l'arrotondamento avviene per difetto, la riduzione del capitale sociale cui
corrisponde la riduzione del valore nominale delle azioni e' effettuata
mediante accredito della riserva legale.
In proposito, si evidenzia che, in caso di arrotondamento per eccesso,
qualora non sussistano riserve o queste siano insufficienti, e' consentito, ai
sensi del comma 3 del ripetuto articolo 17, di troncare ai centesimi di euro
la conversione prevista al comma 1 del medesimo articolo e, conseguentemente,
si applicano le disposizioni previste dal successivo comma 4 relativamente
all'arrotondamento per difetto.
Infine, ai sensi del comma 10 del medesimo art. 17 del D.Lgs. n. 213
del 1997, le predette disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche
alle societa' a responsabilita' limitata e alle societa' cooperative.
5.1 Arrotondamento per eccesso.
Nel caso in cui l'aumento del capitale sociale e del corrispondente
valore nominale delle azioni dovuto all'arrotondamento per eccesso sia
effettuato mediante l'utilizzo di riserve o dei fondi speciali iscritti in
bilancio, si precisa che tale aumento gratuito del valore nominale delle
azioni o quote gia' emesse non costituisce utile per i soci, ai sensi
dell'art. 44, comma 2, primo periodo, del TUIR.
Tuttavia, qualora l'aumento avvenga mediante passaggio a capitale di
riserve o fondi diversi da quelli costituiti con sovrapprezzi di emissione
azioni e quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di
nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto
capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta, l'eventuale
successiva riduzione del capitale, per la parte corrispondente all'anzidetto
passaggio di riserve, e' considerata distribuzione di utili, ai sensi del
secondo periodo, del citato art. 44, comma 2, del TUIR. Peraltro, l'eventuale
successiva riduzione del capitale si imputa con precedenza alla parte
dell'aumento complessivo di capitale derivante da passaggi a capitale di
riserve e fondi diversi da quelli sopra citati (Cfr. ultima parte del citato
secondo periodo del comma 2, dell'art. 44, del TUIR).
5.2 Arrotondamento per difetto.
Nel caso di arrotondamento per difetto e quindi di riduzione del
capitale sociale cui corrisponde la diminuzione del valore nominale delle
azioni o quote, l'accredito della riserva legale dell'importo pari a detta
riduzione non assume rilievo fiscale trattandosi di una operazione permutativa
tra voci del patrimonio netto. Qualora pero', successivamente, si proceda alla
riduzione della riserva legale mediante distribuzione della stessa, si
applicano le disposizioni in materia di tassazione di dividendi di cui agli
articoli 41 e seguenti del TUIR, con la precisazione che l'ammontare di detta
riduzione va proporzionalmente attribuito in parte all'importo derivante
dall'arrotondamento per difetto (in quanto tale non tassabile) e in parte
all'importo della riserva legale prima che venisse effettuato l'accredito che,
invece, da' luogo a tassazione.
6. TRATTAMENTO DELLE DIFFERENZE DI CAMBIO.
6.1 Imprese industriali, mercantili e di servizi.
L'art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 disciplina il trattamento delle
differenze di cambio derivanti dalla conversione nella moneta di conto dei
soli elementi monetari espressi in valute aderenti esistenti alla data del 31
dicembre 1998, ovvero, nel caso di esercizio non coincidente con l'anno
solare, esistenti alla data di chiusura dell'esercizio in corso alla data del
31 dicembre 1998.
Le differenze positive e/o negative di cambio che derivano dalla
conversione sopra indicata, in qualunque tempo maturate, concorrono alla
determinazione del reddito dell'esercizio secondo i criteri previsti nel
medesimo articolo 18.
Le differenze di cambio di cui sopra sono esclusivamente quelle
relative agli "elementi monetari" denominati nelle valute aderenti o comunque
variabili in funzione dell'andamento dei tassi di cambio delle predette
valute; relativamente alla nozione di elementi monetari si rinvia a quanto
precisato in premessa.
Ai sensi del comma 2 della norma in commento, tali elementi monetari
denominati nelle valute aderenti andranno tradotti nella moneta di conto
adottata, applicando i tassi di conversione irrevocabili nel rispetto degli
articoli 4 e 5 del Regolamento (CE) n. 1103/97.
In particolare, il comma 4 del citato art. 4 del Regolamento (CE)
n. 1103/97 stabilisce, come gia' precisato, che gli importi monetari da
convertire da una unita' monetaria nazionale in un'altra devono prima essere
convertiti in un importo monetario espresso in euro, arrotondato almeno fino
alla terza cifra decimale, e, successivamente, l'importo cosi' ottenuto va
convertito nell'altra unita' monetaria nazionale. Non possono essere
utilizzati metodi alternativi di calcolo, salvo che producano gli stessi
risultati. Per tale ulteriore conversione, l'art. 5 dello stesso Regolamento
(CE) n. 1103/97, trattandosi di importi monetari da pagare o contabilizzare,
prevede l'arrotondamento per eccesso o per difetto all'unita' divisionale piu'
vicina o suoi multipli o frazioni (secondo le pratiche nazionali).
La conversione di cui sopra esplica effetti anche ai fini della
determinazione del reddito d'impresa.
I commi 3, 4, 5 e 6 dell'art. 18, in commento, nel disciplinare il
trattamento delle differenze di cambio che emergono dalla traduzione degli
elementi monetari, consentono di operare una scelta tra diversi criteri di
imputazione di dette differenze al conto economico.
In proposito va precisato che la scelta di uno dei predetti criteri di
imputazione a conto economico comporta che essa venga applicata a tutte le
differenze negative e/o positive, non essendo consentita "...una ripartizione
cronologicamente diversa delle differenze negative e di quelle positive" (Cfr.
commento all'art. 18 della Relazione illustrativa del D.Lgs. n. 213 del
1998).
Inoltre, tenuto conto che, ai sensi del comma 7 dell'articolo in
esame, le differenze di cambio (positive e/o negative) "concorrono alla
determinazione del reddito d'impresa nell'esercizio in cui sono iscritte nel
conto economico", ne deriva che la scelta operata in sede di redazione del
bilancio spiega efficacia anche ai fini tributari.
E' appena il caso di precisare che tali principi trovano applicazione
tanto per le imprese che hanno contabilizzato i suddetti elementi monetari ai
cambi determinati con i criteri di cui all'art. 9, comma 2, del TUIR,
attivando il fondo di cui all'art. 72 del medesimo TUIR, quanto per quelle che
hanno adottato per tali elementi la valutazione al cambio di chiusura
dell'esercizio, ai sensi dell'art. 76 del citato TUIR.
6.1.1 Metodo di imputazione "integrale e immediata" (art. 18, comma 3).
Il comma 3 dell'art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 dispone che le
differenze di cambio, in qualunque tempo maturate, rilevate in applicazione
della conversione nella moneta di conto degli elementi monetari espressi in
valute aderenti, sono imputate per il loro intero ammontare nel conto
economico dell'esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998.
6.1.2 Metodo di imputazione "pro-rata"(art. 18, comma 5).
L'art. 18, comma 5, del D.Lgs. n. 213 del 1998, consente, in
alternativa al metodo di cui al precedente punto 6.1.1, di ripartire le
differenze di cambio positive e/o negative, in qualunque tempo maturate, in
funzione della durata residua e della prevista evoluzione del capitale
dell'elemento monetario che le ha generate.
Tale criterio comporta, quindi, che la ripartizione delle differenze
positive e/o negative avvenga tenendo presente sia la variabile tempo sia la
prevedibile evoluzione del capitale da pagare o da incassare.
Ciascuna differenza di cambio sara' quindi imputata ai conti economici
degli esercizi cui si estende la durata dell'elemento monetario che l'ha
generata, avendo riguardo anche alla prevista evoluzione del capitale
dell'elemento considerato.
Di conseguenza, se, ad esempio, si e' in presenza di un elemento
monetario scadente in un'unica soluzione, si terra' conto esclusivamente della
sua durata residua (essendo costante il capitale fino alla scadenza);
diversamente, qualora l'elemento monetario venga pagato o incassato
periodicamente prima della sua estinzione, si terra' conto anche della
prevedibile evoluzione del capitale.
Il secondo periodo del comma 5 dell'art. 18 precisa, comunque, che se
l'elemento monetario viene incassato, pagato o ceduto, la differenza cambio
residua deve essere imputata nel conto economico relativo al periodo nel quale
e' avvenuto l'incasso, il pagamento o la cessione dell'elemento monetario
stesso.
6.1.3 Metodo di imputazione "forfettaria" (art. 18, comma 6).
Il comma 6 dell'art. 18 consente, in alternativa a quanto previsto nei
precedenti punti 6.1.1 e 6.1.2, di ripartire le differenze cambio positive e/o
negative, in qualunque tempo maturate, in quote costanti nell'esercizio chiuso
o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e nei tre successivi (metodo
forfettario).
Si precisa che tale metodo prescinde dalla durata e dalla prevedibile
evoluzione degli elementi monetari che hanno generato le differenze cambio,
nonche' dalla vicenda dei relativi incassi o pagamenti, o cessioni.
6.1.4 Utilizzo del fondo rischi su cambi ex art. 72 del TUIR.
Con riguardo all'utilizzo del fondo rischi su cambi di cui all'art. 72
del TUIR, eventualmente esistente in bilancio, l'art. 18 non detta alcuna
disciplina, limitandosi a regolamentare l'imputazione nel conto economico
delle sole "differenze cambio euro".
Pertanto, le regole di funzionamento del fondo dettate dall'art. 72
del TUIR continuano ad applicarsi con riferimento alle sole differenze di
cambio derivanti da valute non aderenti all'euro. In concreto, l'eventuale
fondo preesistente potra' essere mantenuto o variato, nel suo ammontare, in
funzione della disciplina contenuta nel citato art. 72, che dovra' applicarsi
con riferimento alle sole differenze di cambio generate da valute non
aderenti.
E' appena il caso di precisare che, a tal fine, non rileva la
circostanza che il fondo sia stato eventualmente a suo tempo "generato" da
valute aderenti e/o non aderenti.
6.1.5 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di cambio ai fini delle
imposte sui redditi e dell'IRAP.
Relativamente alla contabilizzazione delle differenze di cambio nel
conto economico, si fa presente che le stesse producono necessariamente una
corrispondente variazione del risultato di esercizio, essendo previsto, ai
sensi del comma 8 dell'art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998, che l'iscrizione
nello stato patrimoniale delle differenze di cambio oggetto di imputazione ai
successivi esercizi avviene direttamente.
Tali componenti positivi e/o negativi, in base ai Principi Contabili
elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri
e Periti Commerciali, sono di natura finanziaria, vanno iscritti nelle voci
dell'aggregato C del conto economico e concorrono, pertanto, alla formazione
del reddito d'impresa ai fini dell'Irpeg e dell'Irpef nell'esercizio in cui
avviene la contabilizzazione medesima, mentre non concorrono alla formazione
della base imponibile IRAP, in virtu' della mancata indicazione di detti
componenti nelle voci espressamente indicate dall'art. 5 del D.Lgs. 15
dicembre 1997, n. 446.
A tal proposito, si precisa che anche la sopravvenienza attiva
costituita dall'imputazione al conto economico del fondo rischi su cambi, di
cui all'articolo 72 del TUIR, nell'ipotesi in cui lo stesso risulti
"eccedente", non rileva per la determinazione della base imponibile ai fini
IRAP, trattandosi di una componente positiva di natura finanziaria.
6.2 Banche e societa' finanziarie.
6.2.1 Ambito soggettivo.
L'articolo 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998 disciplina le differenze di
cambio rilevabili nei bilanci delle banche e delle societa' finanziarie.
In particolare il comma 1 del predetto articolo 21 stabilisce che le
disposizioni ivi previste si applicano ai bilanci d'impresa redatti a partire
da quello relativo all'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 1998.
Ai sensi del comma 1, lettere k) ed l), dell'art. 1, del predetto
D.Lgs. n. 213 del 1998, sono definite "banca" e "societa' finanziaria"
rispettivamente l'impresa indicata nell'art. 1, comma 1, lett. b), del D.Lgs.
1 settembre 1993, n. 385, e la societa' indicata nell'art. 59, comma 1, lett.
b), dello stesso D.Lgs. n. 385 del 1993, che redige il bilancio ai sensi del
D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87.
6.2.2 Raffronto tra la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 213 del 1998 e
quella contenuta nel D.Lgs. n. 87 del 1992.
Preliminarmente va rilevato che, ai sensi dell'art. 21, comma 1, del
D.Lgs. n. 87 del 1992, le attivita' e le passivita' denominate in valuta si
assumono in bilancio al tasso di cambio a pronti corrente alla data di
chiusura dell'esercizio; le immobilizzazioni finanziarie, materiali e
immateriali che non sono coperte ne' globalmente ne specificamente sul mercato
a pronti o su quello a termine possono essere valutate al tasso di cambio
corrente alla data del loro acquisto.
A differenza di quanto previsto dall'articolo 18 del citato D.Lgs.
n. 213 del 1998, che reca disposizioni concernenti le differenze di cambio dei
soli elementi monetari relativi alle imprese industriali, mercantili e di
servizi, il primo periodo del comma 2 dell'art. 21 del medesimo decreto
legislativo disciplina le differenze di cambio con riguardo sia agli "elementi
monetari" che a quelli "non monetari" (cosi' come consentito dall'art. 39
della Direttiva n. 86/635 CEE), in quanto dispone che le attivita', le
passivita' e le operazioni fuori bilancio denominate nelle valute aderenti o
comunque variabili in funzione dell'andamento dei tassi di cambio delle
predette valute, sono tradotte nella moneta di conto applicando i tassi di
conversione irrevocabili nel rispetto degli articoli 4 e 5 del Regolamento
(CE) n. 1103/97; tale conversione spiega efficacia anche ai fini della
determinazione del reddito d'impresa.
In merito a quanto sopra si fa presente che, ai sensi dell'art. 1,
lett. q), del D.Lgs. n. 213 del 1998, per "attivita', passivita' e operazioni
fuori bilancio" indicate nel primo periodo del comma 2 dell'art. 21 del
predetto D.Lgs. n. 213 del 1998, si intendono gli elementi dell'attivo e del
passivo del bilancio nonche' le garanzie rilasciate, gli impegni a erogare o a
ricevere fondi, i contratti di compravendita non ancora regolati e i contratti
derivati.
In alternativa al criterio di valutazione di cui sopra (cambio al 31
dicembre 1998) nel secondo periodo del comma 2 dell'art. 21 del D.Lgs. n. 213
del 1998, e' prevista la facolta' che le partecipazioni, le immobilizzazioni
materiali e quelle immateriali, non coperte ne' globalmente ne' specificamente
sul mercato a pronti o su quello a termine, vengano tradotte nella moneta di
conto al tasso di cambio corrente alla data del loro acquisto; anche tale
conversione spiega efficacia ai fini della determinazione del reddito
d'impresa. A tali differenze non si applica il comma 4 del predetto articolo
21.
Dal raffronto delle norme contenute negli articoli 21 dei decreti
legislativi n. 213 del 1998 e n. 87 del 1992, si rileva che la disposizione
contenuta nel secondo periodo del comma 2 dell'art. 21 del D.Lgs.
n. 213 del 1998 ha un ambito di applicazione piu' limitato rispetto a quello
contenuto nel secondo periodo del comma 1 dell'art. 21 del D.Lgs. n. 87 del
1992, in quanto, riferendosi la prima disposizione alle sole "partecipazioni",
ne consegue che sono esclusi dalla valutazione al cambio storico i "titoli di
debito immobilizzati", compresi anch'essi nel novero delle immobilizzazioni
finanziarie.
In proposito, poiche' le previsioni contenute nell'art. 21 del D.Lgs.
n. 213 del 1998 si configurano come norme aventi carattere speciale rispetto a
quelle contenute nell'art. 21 del D.Lgs. n. 87 del 1992, ne deriva che i
titoli di debito iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie devono essere
tradotti nella moneta di conto ai cambi irrevocabili e possono quindi dar
luogo a differenze di cambio (positive e/o negative).
Ai sensi del successivo comma 3 dell'art. 21 del D.Lgs. n. 213 del
1998, le differenze di cambio di cui al comma 2 (cioe' quelle generate dalle
attivita', dalle passivita' e dalle operazioni fuori bilancio valutate al
tasso di cambio alla data del 31 dicembre 1998) sono incluse nel conto
economico a norma dell'art. 21, comma 3, del D.Lgs. n. 87 del 1992.
Limitatamente alle differenze di cambio generate dalle
immobilizzazioni finanziarie, materiali e immateriali, non coperte ne'
globalmente ne' specificamente sul mercato a pronti o su quello a termine, in
alternativa al criterio sopra descritto di integrale e immediata imputazione
al conto economico, possono essere applicati i trattamenti previsti nelle
lettere a) e b) del medesimo comma 4.
I menzionati trattamenti riguardano distintamente le differenze di
cambio inerenti:
a) i titoli di debito immobilizzati;
b) le altre immobilizzazioni (partecipazioni, immobilizzazioni materiali e
immateriali).
Mentre le differenze riguardanti i titoli di cui alla lettera a) sono
imputate al conto economico e per le stesse il legislatore disciplina i
criteri temporali di tale imputazione, per le differenze relative alle
immobilizzazioni di cui alla lettera b), la legge non impone il passaggio al
conto economico e pertanto, in mancanza di tale passaggio, esse assumono
rilievo ai fini fiscali mediante imputazione extracontabile.
Si precisa, inoltre, che il comma 5 dell'art. 21 in esame, avente
rilevanza esclusivamente fiscale, stabilisce che:
a) le differenze di cambio relative ai titoli di debito immobilizzati assumono
rilevanza, ai fini della determinazione del reddito d'impresa,
nell'esercizio in cui sono iscritte nel conto economico secondo le
modalita' indicate nei commi 3 e 4, lett. a) dello stesso art. 21;
b) per le altre immobilizzazioni (partecipazioni, immobilizzazioni materiali e
immateriali) le differenze di cambio assumono rilievo, ai fini della
determinazione del reddito d'impresa, nell'esercizio in cui si considerano
realizzate per effetto di cessioni, di ammortamenti o di svalutazioni.
Per quanto riguarda le differenze negative di cui alle lettere a) e b)
del comma 4 dell'art. 21 in esame, si precisa che l'eventuale utilizzo di
riserve in sospensione di imposta esistenti in bilancio quali, ad esempio,
quelle di cui all'art. 55, comma 3, lett. b), secondo periodo, del TUIR, nel
testo precedente alla modifica intervenuta con l'art. 21, comma 4, lett. b),
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, si configura come un utilizzo "per scopi
diversi dalla copertura di perdite di esercizio" e, conseguentemente, detto
utilizzo comporta l'assoggettamento a tassazione delle riserve medesime.
Inoltre, va evidenziato che, ai sensi del comma 6 dell'art. 21 del
D.Lgs. n. 213 del 1998, i criteri di rilevazione e di trattamento delle
differenze di cambio positive e/o negative, nonche' gli importi iscritti nel
conto economico e nello stato patrimoniale, devono essere illustrati nella
nota integrativa del bilancio.
Vengono di seguito forniti specifici chiarimenti in relazione alle due
ipotesi sopra evidenziate.
6.2.3 Lett. a) del comma 4 dell'art. 21 del D. Lgs n. 213 del 1998.
Le differenze di cambio positive inerenti ai "titoli di debito"
immobilizzati sono accreditate direttamente in una riserva non distribuibile
specificamente costituita; le differenze di cambio negative sono addebitate
direttamente alle riserve preesistenti, ivi compresa l'anzidetta riserva non
distribuibile. Le predette differenze (positive e/o negative) vanno trasferite
al conto economico secondo uno dei seguenti criteri:
1. negli esercizi di scadenza o di cessione dei rispettivi titoli (metodo
analitico "per cassa");
2. nell'esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e in
quelli successivi in misura corrispondente alla durata residua di ciascun
titolo (metodo "pro-rata temporis"); in tal caso, se il titolo viene ceduto
prima della scadenza, la differenza di cambio rimanente va inclusa
interamente nel conto economico dell'esercizio nel quale e' avvenuta la
cessione del titolo stesso;
3. nell'esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e nei tre
successivi in quote costanti del saldo di tutte le differenze positive e
negative (metodo "forfettario").
Per quanto concerne l'imputazione al conto economico delle differenze
positive di cui alla lettera a) del comma 4 dell'art. 21 del D.Lgs. n. 213 del
1998 in esame, si fa presente che tale operazione comporta la riduzione della
riserva non distribuibile originariamente costituita.
Tenuto conto che la norma in commento vincola tale riserva soltanto
alla non distribuibilita', si deve ritenere che essa possa essere utilizzata
anche per finalita' diverse da quella per la quale e' stata costituita.
Qualora la predetta riserva non distribuibile sia stata gia'
utilizzata e non sia pertanto possibile imputare le differenze positive di
cambio al conto economico, queste ultime rilevano ai fini fiscali
extracontabilmente, secondo il criterio prescelto fra quelli previsti dai
numeri 1), 2) e 3), della lettera a), del comma 4, dell'art. 21 in esame.
Va rilevato infine che l'imputazione delle differenze di cambio
negative nel conto economico, ai sensi del comma 5, dell'art. 21 in esame,
secondo uno dei criteri previsti dal secondo periodo del comma 4, lett. a),
dello stesso articolo, comporta ai fini fiscali la ricostituzione della
riserva avente la stessa natura di quella precedentemente utilizzata, salvo
quanto precisato con riferimento alla riserva di cui al citato art. 55 del
TUIR, nel testo previgente, in quanto, in tale caso, la ricostituita riserva
deve considerarsi libera da imposta.
6.2.4 Lett. b) del comma 4 dell'art. 21 del D. Lgs n. 213 del 1998.
Per le altre immobilizzazioni (partecipazioni, immobilizzazioni
materiali e immateriali):
1) le differenze di cambio positive sono accreditate in un'apposita riserva
non distribuibile. Tale vincolo della non distribuibilita' viene meno a
seguito di cessioni, del progredire del processo di ammortamento, ovvero di
svalutazioni delle immobilizzazioni stesse;
2) le differenze di cambio negative sono addebitate alle riserve preesistenti,
compresa la predetta riserva non distribuibile.
Per quanto concerne le differenze di cambio positive di cui al numero
1) che precede, le stesse si considerano realizzate ai fini della
determinazione del reddito d'impresa, extracontabilmente, in sede di
dichiarazione dei redditi, mediante apposita variazione in aumento, per
effetto di cessioni, di ammortamenti, anche anticipati, o di svalutazioni dei
suddetti beni.
Con riguardo a quest'ultima ipotesi, si fa presente che, nel caso di
svalutazioni relative alle partecipazioni, alle immobilizzazioni materiali e
immateriali, la rilevazione extracontabile della differenza di cambio positiva
avviene per un ammontare pari alla svalutazione fiscalmente rilevante.
Relativamente agli ammortamenti, la predetta rilevazione
extracontabile delle differenze di cambio positive non puo' che avvenire in
funzione del processo di ammortamento delle immobilizzazioni.
Per quanto riguarda le differenze di cambio negative di cui alla
lettera b) del comma 4, dell'art. 21 in commento, qualora le stesse non
incidano nel conto economico, esse si considerano realizzate, ai fini della
determinazione "extracontabile" del reddito d'impresa, per effetto di
cessioni, di ammortamenti o di svalutazioni.
Con riguardo alle ipotesi delle svalutazioni e degli ammortamenti si
rinvia alle considerazioni gia' svolte relativamente alle differenze positive
di cambio di cui sopra.
6.2.5 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di cambio ai fini
dell'IRAP.
Relativamente alla rilevanza delle differenze di cambio ai fini IRAP,
si precisa che le stesse risultano imponibili, se positive, o deducibili, se
negative, a seguito di contabilizzazione in voci di conto economico che, ai
sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, assumono rilievo ai
fini del citato tributo.
Naturalmente, anche le differenze di cambio relative a
immobilizzazioni diverse dai titoli di debito, se non transitano nel conto
economico, concorrono alla formazione della base imponibile IRAP se rilevanti
ai fini di tale imposta.
6.3 Imprese di assicurazione.
Per le imprese di assicurazione, cosi' come per le banche e le
societa' finanziarie, il D.Lgs. n. 213 del 1998 prevede norme specifiche per
il trattamento delle differenze di cambio, rilevabili nei bilanci di tali
imprese chiusi al 31 dicembre 1998, in considerazione della peculiarita' di
detti settori.
Per l'individuazione delle imprese di assicurazione, l'art. 1, comma
1, lett. m), del D.Lgs. n. 213 del 1998 fa riferimento alle imprese di cui
all'art. 1 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 173.
In particolare il comma 2 dell'art. 24 del citato D.Lgs. n. 213 del
1998 stabilisce che gli elementi cui si applicano i tassi di conversione nella
moneta di conto sono costituiti:
- dagli elementi monetari denominati nelle valute aderenti o comunque
variabili in funzione dell'andamento dei tassi di cambio delle valute
aderenti;
- dagli elementi non monetari inclusi nella classe D) degli "Investimenti a
beneficio di assicurati dei rami vita i quali ne sopportano il rischio e
derivanti dalla gestione dei fondi pensione", disciplinati dall'art. 24 del
D.Lgs. n. 173 del 1997.
Gli elementi monetari, come definiti dall'art. 1, comma 1, lett. p),
del D.Lgs. n. 213 del 1998, sono costituiti dalle disponibilita' di denaro,
dalle attivita' e passivita' iscritte in bilancio e dalle restanti operazioni
in corso (dette anche fuori bilancio) che comportano o comporteranno il
diritto a incassare o l'obbligo a pagare a date future importi determinati o
determinabili.
L'ISVAP, con il provvedimento n. 1008.G del 5 ottobre 1998, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre scorso, recante "Disposizioni
per la redazione in euro del bilancio delle imprese di assicurazione, per la
rilevazione delle operazioni interessate dall'introduzione dell'euro e per il
trattamento delle conseguenti differenze di cambio", ha confermato (si veda
quanto afferma la Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 213 del 1998 nel
commento al secondo comma dell'articolo 24) che tra gli elementi monetari come
sopra definiti rientrano anche le riserve tecniche di cui agli artt. 31, 38
e 39 del D.Lgs. n.173 del 1997. Trattasi:
- delle riserve tecniche del lavoro diretto;
- delle riserve tecniche allorche' il rischio dell'investimento e' sopportato
dagli assicurati e delle riserve derivanti dalla gestione dei fondi
pensione;
- delle riserve tecniche del lavoro indiretto.
Relativamente al trattamento contabile delle differenze di cambio
derivanti dalla traduzione nella moneta di conto dei predetti elementi
denominati nelle valute aderenti, viene previsto che il loro importo va
incluso per intero nel conto economico dell'esercizio 1998. In alternativa le
differenze, ad eccezione di quelle relative agli investimenti di cui
all'art. 24 del D.Lgs. n. 173 del 1997 e alle correlate riserve tecniche,
possono essere ripartite in piu' esercizi secondo le modalita', previste per
la generalita' delle imprese, dall'art. 18, commi 5 e 6, del D.Lgs. n. 213 del
1998.
In particolare, il citato comma 5 dell'art. 18 prevede la ripartizione
delle differenze di cambio positive e/o negative relative a ciascun elemento
monetario nell'esercizio 1998 e nei successivi (criterio del "pro-rata"),
cioe' in funzione della durata residua dell'elemento stesso e della prevista
evoluzione del capitale dell'elemento considerato, salvo l'imputazione della
differenza di cambio residua per intero nel conto economico dell'esercizio in
cui l'elemento viene incassato, pagato o ceduto.
Il comma 6 dell'art. 18 prevede una ripartizione delle differenze
positive e/o negative forfettaria, in quote costanti da imputare nel conto
economico dell'esercizio 1998 e dei tre successivi.
Valgono a questo proposito le medesime considerazioni gia' svolte in
precedenza per le imprese in genere.
Inoltre i successivi commi 7 e 8 dell'art. 18 del D.Lgs. n. 213 del
1998 applicabili anche alle imprese di assicurazione, per effetto del comma 5
dell'art. 24 del medesimo decreto legislativo, stabiliscono che le differenze
cambio positive e/o negative concorrono alla determinazione del reddito
d'impresa nell'esercizio in cui sono iscritte nel conto economico, con cio'
determinando l'allineamento del trattamento fiscale a quello civilistico, e
che, nel caso in cui l'impresa ripartisca le differenze in piu' esercizi, la
parte di esse rinviata ai successivi esercizi deve essere iscritta
direttamente nello stato patrimoniale, senza transitare per il conto
economico.
Occorre precisare che, per effetto del comma 6 dell'art. 24 del D.Lgs.
n. 213 del 1998, nella nota integrativa del bilancio vanno illustrati,
separatamente dal resto, i criteri di trattamento delle differenze di cambio
utilizzati ai sensi dei commi 3 e 4 di detto art. 24, l'ammontare complessivo
delle differenze di cambio positive e/o negative e gli importi iscritti nel
conto economico e nello stato patrimoniale.
6.3.1 Rilevanza delle differenze positive e/o negative di cambio ai fini delle
imposte sui redditi.
Le differenze di cambio rilevano ai fini della determinazione del
reddito d'impresa nell'esercizio in cui sono iscritte nel conto economico.
Sono altresi' rilevanti le differenze di cambio che sono state imputate al
conto economico di esercizi precedenti a quello in corso alla data del 31
dicembre 1998 ma non dedotte in tali esercizi in mancanza delle condizioni
previste dalla normativa fiscale.
7. COSTI E SPESE SOSTENUTE PER L'ADEGUAMENTO ALL'EURO.
Relativamente ai costi e alle spese sostenuti per l'adeguamento
all'euro si precisa che i criteri civilistici di individuazione della natura
dei predetti componenti negativi assumono rilievo anche per le imposte sui
redditi.
Pertanto, ai fini che qui interessano, poiche' i costi e le spese di
cui trattasi possono assumere natura di costi da patrimonializzare ovvero di
spese pluriennali, agli stessi si applicano, le disposizioni in materia di
ammortamento e quelle in materia di spese relative a piu' esercizi previste
dal TUIR.
Va infine rilevato che, qualora le suddette spese siano inquadrabili
tra quelle di esercizio, le stesse saranno deducibili, ai fini delle imposte
sui redditi, nell'esercizio in cui sono sostenute.
8. Stabili organizzazioni all'estero.
Il comma 10 dell'art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 stabilisce che,
relativamente alle stabili organizzazioni all'estero, continua ad applicarsi
il secondo comma, secondo periodo, dell'art. 76 del TUIR, salvo quanto
previsto dal medesimo art. 18 a proposito degli elementi monetari.
Al riguardo, e' opportuno rilevare che il citato art. 76, secondo
comma, secondo periodo, del TUIR, prevede che la conversione dei saldi di
conto per le stabili organizzazioni all'estero avviene secondo il cambio alla
data di chiusura dell'esercizio e che le differenze che emergono tra i
predetti saldi di conto e quelli relativi all'esercizio precedente non
concorrono alla formazione del reddito d'impresa.
La disposizione sopra riportata non trova applicazione per gli
elementi monetari espressi in valute aderenti, per i quali, invece, valgono le
nuove disposizioni contenute nell'art. 18 in commento.
Va inoltre segnalato che le norme contenute nell'art. 76, comma 2,
secondo periodo, del TUIR si applicano a tutte le imprese indipendentemente
dal settore di appartenenza e dal tipo di attivita' svolta (industriale,
bancaria, finanziaria, assicurativa, ecc.); pertanto, il concetto espresso dal
comma 10 dell'art. 18 in tema di differenze di cambio realizzate dalle stabili
organizzazioni di imprese che redigono il bilancio ai sensi del D.Lgs. 9
aprile 1991, n. 127, non puo' che riferirsi anche alle stabili organizzazioni
all'estero di banche e societa' finanziarie nonche' di imprese di
assicurazione (si veda quanto afferma la Relazione illustrativa al D.Lgs.
n. 213 del 1998 nel commento al decimo comma dell'articolo 18).
Con riferimento a tali ultimi soggetti va peraltro precisato che la
non imponibilita' delle differenze di cambio che emergono dai saldi di conto
previsti dall'art. 76 del TUIR delle predette stabili organizzazioni non puo'
riferirsi agli elementi espressamente disciplinati dagli articoli 21 e 24
(monetari e non monetari) del D.Lgs. n. 213 del 1998, per i quali si
applicano le nuove disposizioni ivi contenute.
Per tutte le imprese, quindi, l'articolo 76, secondo comma, secondo
periodo, del TUIR continua a trovare applicazione come negli esercizi passati,
salvo che per gli elementi (monetari e non monetari) disciplinati dal D.Lgs.
n. 213 del 1998.
In ultimo, e' appena il caso di precisare che a nulla rileva la
collocazione geografica della stabile organizzazione all'estero (Paesi UEM, UE
o extra UE), dovendosi avere riguardo solo alla circostanza che gli elementi
monetari della stabile organizzazione - ovunque collocata - siano, oppure no,
espressi in una delle valute aderenti.
9. CONTABILITA' PLURIMONETARIA.
L'art. 76, comma 2, ultimo periodo, del TUIR, consente alle imprese
che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera di tenere la
contabilita' plurimonetaria con l'applicazione del cambio di fine esercizio ai
saldi dei relativi conti.
Con riferimento a tali soggetti lo stesso art. 76 non ripropone il
principio della irrilevanza delle differenze dei saldi di conto cosi' come
previsto per le stabili organizzazioni di cui al paragrafo precedente, ne' il
D.Lgs. n. 213 del 1998 detta in merito regole specifiche.
E' appena il caso di precisare che, anche con riferimento alla
contabilita' plurimonetaria eventualmente tenuta, qualora essa ricomprenda
elementi monetari (ed elementi non monetari, nel caso di imprese bancarie,
finanziarie ed assicurative) disciplinati dal D.Lgs. n. 213 del 1998, a tali
elementi si applicano le nuove norme in esso dettate.
Cosi', ad esempio, per le imprese industriali, mercantili e di servizi
che tengono una contabilita' plurimonetaria che ricomprende elementi monetari
in una delle valute aderenti, a tali elementi si applicano le nuove regole
dettate dall'art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 mentre le regole previste
dall'art. 76, comma 2, ultimo periodo, del TUIR, continueranno a trovare
applicazione con riferimento ai restanti elementi della contabilita'
plurimonetaria.
10. DICHIARAZIONI.
10.1 Generalita'.
L'art. 47 del piu' volte citato D.Lgs. n. 213 del 1998, concerne
"dichiarazioni, attestazioni e regolamenti in euro con le pubbliche
amministrazioni".
Nei commi 1 e 2 del citato articolo 47 e' previsto che i soggetti
obbligati a presentare dichiarazioni, atti e altri documenti, ivi compresi
quelli predisposti ai fini impositivi, possono indicare gli importi in euro a
partire dai periodi di imposta decorrenti dal 1 gennaio 1999.
In particolare, il comma 2 stabilisce che le dichiarazioni relative
alle imposte sui redditi, all'IVA, all'IRAP, nonche' quelle dei sostituti
d'imposta, possono essere presentate con gli importi indicati in euro a
partire dei periodi d'imposta aventi decorrenza dal 1 gennaio 1999, ovvero
chiusi nel corso di tale anno, secondo le modalita' stabilite
dall'amministrazione tributaria in relazione ai diversi tipi d'imposta.
In attuazione del menzionato disposto normativo si precisa che:
a) le imprese che nel periodo transitorio redigono e pubblicano il bilancio o
il rendiconto in euro sono tenute alla presentazione delle dichiarazioni
relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, di quelle in
materia di imposta regionale sulle attivita' produttive, nonche' di quelle
dei sostituti d'imposta, con gli importi indicati in euro, a partire
dall'esercizio per il quale e' stato redatto (e pubblicato, per i soggetti
tenuti a tale adempimento) il bilancio o il rendiconto in euro;
b) i soggetti diversi da quelli indicati alla precedente lettera a) (ad
esempio contribuenti che adottano la contabilita' semplificata, lavoratori
autonomi, lavoratori dipendenti, ecc.), qualora redigano una delle
dichiarazioni di cui all'art. 47 del D.Lgs. n. 213 del 1998 in euro
(dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'IVA, all'IRAP,
nonche' quelle dei sostituti d'imposta), relativamente ai periodi d'imposta
che decorrono dal 1 gennaio 1999 ovvero chiusi nel corso di tale anno e
successivi, gli stessi sono tenuti a redigere nella medesima valuta tutte
le successive dichiarazioni.
Anche per tali soggetti la redazione delle dichiarazioni in euro non
comporta l'obbligo di registrare ai fini fiscali, nella medesima valuta, le
operazioni effettuate.
E' appena il caso di precisare che le predette dichiarazioni relative
al periodo d'imposta 1998 devono essere presentate in lire.
10.2 Aspetti particolari per i sostituti d'imposta.
E' opportuno svolgere alcune considerazioni relativamente ai soggetti
che adottano l'euro come moneta di conto dal 1 gennaio 1999 e che rivestono la
qualifica di sostituto d'imposta.
In primo luogo va detto che le scritture contabili, che devono
redigere obbligatoriamente i sostituti d'imposta, ai sensi dell'art. 21 del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non sono comprese tra i "documenti contabili
obbligatori a rilevanza esterna" indicati nell'art. 1, comma 1, lettera n),
del D.Lgs. n. 213 del 1998.
I sostituti d'imposta sono liberi di effettuare in lire o in euro le
registrazioni nelle apposite scritture contabili previste dall'art. 21 del
D.P.R. n. 600 del 1973.
Si ricorda che gli importi che nelle norme sono espressi in lire (come
ad esempio gli scaglioni di reddito, le detrazioni per carichi di famiglia e
quelle per spese di produzione del reddito), ai sensi del comma 2 dell'art. 6
del Regolamento (CE) n. 974/98, hanno il medesimo valore di un riferimento
all'euro in base ai tassi di conversione. Di conseguenza, in caso di calcoli
da eseguirsi in euro, tali importi devono essere convertiti in detta valuta
con arrotondamento al centesimo solo se si tratta di autonomi importi monetari
da contabilizzare o da pagare.
Nell'ipotesi da ultimo citata, ai fini dell'applicazione delle
ritenute di acconto sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e del
riconoscimento delle detrazioni d'imposta spettanti, il sostituto d'imposta
converte in euro gli importi relativi agli scaglioni di reddito dell'art. 11
del TUIR, nonche' quelli delle detrazioni d'imposta di cui agli articoli 12 e
13 dello stesso testo unico e quindi procede al ragguaglio al periodo di paga
degli importi convertiti e all'assoggettamento a tassazione della parte
imponibile delle somme e dei valori corrisposti.
Tenuto conto che il ragguaglio al periodo di paga puo' generare
importi decimali, si precisa che, a tal fine, i sostituti d'imposta possono
utilizzare un numero di decimali a piacere quando non si configurano ne' come
autonomi importi da contabilizzare ne' come autonomi importi da pagare.
Tutti gli importi che nei singoli periodi di paga non sono concessi a
causa degli arrotondamenti e del numero di decimali prescelto (ovvero sono
attribuiti in misura superiore) si possono memorizzare per l'attribuzione (o
la compensazione) in sede di conguaglio di fine anno o, in caso di cessazione
del rapporto, alla data della cessazione medesima. Cosi', ad esempio,
supponendo che il lavoratore abbia diritto, per l'intero periodo d'imposta, a
lire 950.000, quale detrazione per reddito di lavoro dipendente e a lire
336.000, quale detrazione per figlio a carico, supponendo ancora che il
periodo di paga di questo dipendente sia il mese e che il tasso di cambio
dell'euro con la lira sia di 1.900 lire, il sostituto d'imposta puo' procedere
nel modo seguente:
. lire 950.000, convertite sono pari a 500 euro;
. lire 336.000, convertite sono pari a 176,8421 euro;
. 500 euro, rapportate al periodo di paga, sono pari a 41,66666 euro, che va
arrotondato, essendo periodico, a 41,66667;
. 176,8421 euro, rapportate al periodo di paga, sono pari a 14,736666 euro che
va arrotondato, essendo periodico, a 14,73667.
Come sopra precisato, il sostituto d'imposta in ciascun periodo di
paga puo' scegliere il numero di decimali conseguenti al ragguaglio al periodo
di paga delle detrazioni spettanti, mentre all'atto dell'effettuazione delle
operazioni di conguaglio di fine anno o alla cessazione del rapporto, puo'
procedere al riconoscimento degli importi effettivamente spettanti con
riferimento alla conversione in euro dell'importo previsto dalla norma vigente
con arrotondamento al centesimo, utilizzando gli eventuali decimali non
attribuiti o attribuiti in eccesso.
10.3 Aspetti particolari per le dichiarazioni IVA periodiche e annuali.
Per cio' che concerne le dichiarazioni periodiche ed annuali IVA,
considerato che il menzionato art. 47 del D.Lgs. n. 213 del 1998, come sopra
detto, prevede che le stesse possono essere prodotte con gli importi indicati
in euro, a partire dai periodi di imposta decorrenti dal 1 gennaio 1999, i
contribuenti possono scegliere liberamente se presentare le suddette
dichiarazioni in lire o in euro. Qualora, pero', il contribuente decida di
presentare una dichiarazione periodica (mensile o trimestrale) ovvero quella
annuale in euro, deve uniformare a tale scelta i successivi comportamenti, per
cui sara' tenuto ad adottare l'euro per le successive dichiarazioni
periodiche.
Per quanto riguarda la dichiarazione annuale, la stessa dovra' essere
effettuata nella medesima valuta adottata per le dichiarazioni periodiche
presentate nel periodo d'imposta cui essa si riferisce. Nel caso in cui, nello
stesso periodo d'imposta, il contribuente abbia presentato inizialmente delle
dichiarazioni periodiche in lire e successivamente in euro, la dichiarazione
annuale relativa a tale periodo d'imposta deve essere presentata in tale
ultima valuta.
Qualora, poi, sussista l'obbligo di presentazione della dichiarazione
unificata annuale (modello UNICO), comprendente la dichiarazione dei redditi,
la dichiarazione annuale IVA e la dichiarazione dei sostituti d'imposta, si fa
presente che tutti i dati in essa contenuti devono essere riportati con la
stessa unita' monetaria (lira o euro), e che la scelta derivante dalla
presentazione in euro delle dichiarazioni periodiche sara' vincolante anche ai
fini della dichiarazione annuale unificata, ferma restando la validita' delle
dichiarazioni periodiche gia' redatte in una valuta diversa.
11. ALTRI TRIBUTI INDIRETTI, DIVERSI DALL'IVA, E TRIBUTI LOCALI.
In conformita' ai principi dettati dal ripetuto art. 47 del D.Lgs.
n. 213 del 1998, anche per i tributi indiretti diversi dall'IVA, ad eccezione
dell'INVIM, i contribuenti possono indicare in euro i valori contenuti nelle
dichiarazioni, negli atti ed altri documenti da presentare all'Amministrazione
Finanziaria.
Cio' vale per gli atti pubblici formati, gli atti giudiziari
pubblicati o emanati, le scritture private autenticate, quelle non autenticate
presentate per la registrazione, le successioni apertesi e le donazioni fatte
a decorrere dal 1 gennaio 1999, come di seguito meglio specificato.
Gli importi indicati negli atti e nelle dichiarazioni possono, come
gia' detto, essere espressi anche in euro e, in applicazione del generale
criterio di omogeneita', tutti nella medesima valuta effettuando, se
necessario, la conversione degli importi da lire ad euro. Sara' necessario,
inoltre, utilizzare la stessa valuta anche per le eventuali dichiarazioni
sostitutive, integrative, modificative e rettificative.
Per quanto riguarda, invece, le dichiarazioni relative all'INVIM, ivi
comprese quelle relative all'INVIM decennale, le medesime continueranno ad
essere effettuate in lire, atteso che riguardano elementi riferibili a periodi
di tempo anteriori al 31 dicembre 1998 e tenuto conto, altresi', che il
predetto tributo cessera' di avere vigore dal 1 gennaio 2003, ai sensi
dell'art. 17, comma 7, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 604. Cio' non di meno,
considerato che i valori presi a base della liquidazione del tributo si
riferiscono, come gia' detto, a periodi anteriori al 31 dicembre 1998, anche
nel corso dell'anno 2002 le dichiarazioni INVIM continueranno ad essere
effettuate in lire.
Per converso, potranno essere indicati in euro i dati riferibili
all'imposta sostitutiva dell'INVIM, dovuta alla presentazione della
dichiarazione di successione, per quelle apertesi dal 1 gennaio 1999.
Per quanto riguarda l'imposta di bollo, dal 1 gennaio 1999 sara'
indicato anche il controvalore in euro, per i valori di importo non inferiore
alle 1000 lire, con arrotondamento al centesimo di euro, secondo i criteri
generali posti dal Regolamento (CE) n. 1103/97 piu' volte citato. Per i valori
di importo inferiore, infatti, l'indicazione anche del valore in euro potrebbe
generare difficolta' applicative, correlate agli scostamenti percentualmente
eccessivi rispetto al valore in lire, a causa dei necessari arrotondamenti.
Durante il periodo transitorio, tuttavia, continueranno ad essere utilizzabili
anche i valori bollati che riportano la sola indicazione dell'importo in lire.
In relazione a quanto disposto dal richiamato D.Lgs. n. 213 del 1998,
i titoli di Stato di nuova emissione (B.T.P., C.C.T., C.T.Z. e B.O.T.), a far
tempo dal 1 gennaio 1999, saranno espressi in euro e quelli gia' in
circolazione saranno ridenominati in euro.
Analogamente, dal 1 gennaio 1999, i titoli emessi da enti diversi
dallo Stato, potranno essere emessi in euro e quelli gia' in circolazione,
aventi determinate caratteristiche previste dalla legge, potranno essere
rideterminati in questa valuta, in base alle decisioni degli emittenti.
Le societa' mercato Borsa Italiana S.p.A. e MTS S.p.A.
hanno convenuto che nei propri rispettivi mercati le negoziazioni degli
strumenti finanziari avverranno in euro.
In relazione a quanto sopra, anche la tassa sui contratti di borsa per
le negoziazioni in parola puo' essere calcolata in euro.
In tal caso, l'intermediario converte in euro le aliquote e gli
importi base di riferimento (100.000 lire o frazione di lire 100.000) previste
dall'attuale Tabella delle tasse in discorso, di cui al D.Lgs. 21 novembre
1998, n. 435, al tasso di cambio irrevocabile, attenendosi ai criteri
individuati dall'art. 3 del D.Lgs. n. 213 del 1998, laddove ne ricorrano i
presupposti.
Detto criterio, oltre ad assicurare omogeneita' di comportamento da
parte degli intermediari in ordine alle modalita' di applicazione della tassa
sui contratti di borsa nel comparto delle negoziazioni dei titoli effettuati
in euro, evita di generare confusioni presso i risparmiatori ed appare il piu'
idoneo a tutelare, in ossequio al principio generale della neutralita' del
passaggio dalla moneta nazionale all'euro, i medesimi investitori.
Va tenuto conto, inoltre, che la tassa di cui trattasi viene
corrisposta dagli intermediari in modo virtuale, vale a dire senza impiego di
valori bollati (foglietti e/o marche) presso i concessionari, che possono
pertanto riscuotere i relativi importi anche in euro mediante gli appositi
strumenti di pagamento.
Infine, per cio' che concerne i tributi locali, stante l'attuale
evoluzione del sistema impositivo locale, si ritiene che nel periodo
transitorio - fino a diverse nuove disposizioni - rimangano invariate le
modalita' di dichiarazione dei singoli tributi che continueranno, pertanto, a
riportare valori monetari espressi in lire.
12. VERSAMENTI DA EFFETTUARE.
Durante il periodo transitorio i contribuenti hanno la massima
liberta' di effettuare i versamenti relativi a tributi sia in euro che in
lire, a prescindere dalla valuta in cui sono state redatte le eventuali
dichiarazioni ovvero dalla valuta in cui sono state effettuate le liquidazioni
del debito tributario.
Qualora il contribuente scelga di utilizzare l'euro, all'atto della
conversione degli importi espressi in lire procedera' all'arrotondamento
dell'ammontare da pagare secondo i criteri in precedenza illustrati.
Naturalmente la scelta di effettuare i versamenti utilizzando l'euro,
durante il periodo transitorio, potra' avvenire solo se il soggetto
interessato utilizzera' mezzi di pagamento diversi dal contante.
Gli Uffici in indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al
contenuto della presente circolare.
APPENDICE 1
SPECIFICHE TECNICHE E MODALITA' DI ADEGUAMENTO DEGLI APPARECCHI MISURATORI
FISCALI.
Modalita' di adeguamento degli apparecchi misuratori fiscali.
Per i periodi transitorio e definitivo di introduzione dell'euro
dovranno essere apportati ai modelli di apparecchi misuratori fiscali i
seguenti adattamenti ed innovazioni tecnologiche.
Si precisa che le modifiche tecniche riguardano sia i modelli di
apparecchi gia' approvati sia quelli di nuova progettazione da sottoporre alla
procedura di omologa; per quelli gia' omologati e prodotti gli adattamenti
possono riguardare sia gli apparecchi non ancora sottoposti ai controlli di
conformita' di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro delle finanze 23
marzo 1983, sia quelli gia' sottoposti a tali controlli e non ancora
installati presso i soggetti utilizzatori, sia infine gli apparecchi gia'
installati presso gli utenti. In quest'ultimo caso, l'adeguamento degli
apparecchi sara' effettuato a cura dei tecnici abilitati ad eseguire
l'assistenza tecnica che devono provvedere ad annotare l'intervento nel
libretto di dotazione fiscale degli apparecchi medesimi.
DISPOSITIVI VISUALIZZATORI.
Per il periodo transitorio potra' essere adottato l'attuale sistema di
visualizzazione degli importi in lire. Gli stessi importi potranno essere
visualizzati anche in euro. In alternativa, potranno essere utilizzati i
seguenti sistemi:
a) Indicazione contemporanea o consecutiva sul dispositivo visore, oltre
all'importo in lire, anche di quello espresso in euro, sia con riferimento
alle singole voci sia con riferimento al totale; per il primo e'
auspicabile, per il secondo e' obbligatoria l'indicazione dei simboli,
delle sigle o delle locuzioni per esteso prima o dopo i rispettivi importi.
b) Nell'impossibilita' di rappresentare congiuntamente o consecutivamente gli
importi su un unico visore, potra' essere utilizzato un secondo visore che
evidenzi i valori in euro, con riferimento alle singole voci o al totale,
facendo precedere o seguire ogni importo dal simbolo o dalla sigla o dalla
scritta per esteso.
Operazioni sulla memoria fiscale.
1. A decorrere dalla data di passaggio al regime definitivo dell'euro (1
gennaio 2002) la registrazione dei dati nella memoria fiscale dell'apparecchio
deve avvenire in euro, con l'uso di due cifre decimali. Il misuratore fiscale
dovra' essere fornito di un'apposta procedura, attivabile dopo l'emissione di
uno scontrino fiscale, che converta in modo irreversibile il funzionamento
dell'apparecchio da valori numerici espressi in lire a quelli espressi in
euro. L'inizializzazione dell'apparecchio alle nuove condizioni di
funzionamento richiedera' comunque un intervento dell'utilizzatore e potra'
avvenire secondo le seguenti modalita':
- con avviamento automatico della procedura ad una data prestabilita; la
procedura sara' eseguita solo in seguito a conferma da parte
dell'utilizzatore;
- con avviamento manuale, in seguito ad esplicito comando dell'utilizzatore.
2. Qualora nel periodo transitorio siano stati rilasciati scontrini espressi
solo in lire gli adempimenti conseguenti, oltre a quelli precedentemente
indicati al punto 1, sono i seguenti:
- scrittura in memoria fiscale della data di passaggio al regime definitivo e
facoltativamente del rapporto di cambio;
- emissione di un apposito scontrino fiscale da allegare al libretto di
dotazione;
- congelamento del gran totale espresso in lire, attivazione ed azzeramento
del totalizzatore in euro.
La procedura non dovra' influenzare il contenuto dei contatori degli
scontrini di chiusura e dei ripristini fiscali.
La lettura del contenuto della memoria fiscale deve evidenziare i
totali nella valuta in cui sono stati memorizzati e cioe' in lire fino al 31
dicembre 2001 e in moneta europea successivamente. In caso di letture di
periodi con inizio prima del 1 gennaio 2002 e termine dopo tale data, i valori
devono essere espressi nelle due valute a seconda del periodo interessato
(transitorio e definitivo); deve comunque essere stampato un sub-totale in
lire per il lasso di tempo che cade nel periodo transitorio, cioe' prima
dell'inizializzazione in euro dell'apparecchio.
3. Qualora nel periodo transitorio venga attivata la funzione relativa
all'emissione di scontrini con valori espressi anche in euro o solo in euro,
gli adempimenti da espletare, a decorrere dalla data di tale attivazione, sono
i seguenti:
- scrittura in memoria fiscale della data a decorrere dalla quale e' stata
attivata la possibilita' di emettere scontrini anche in euro o solo in euro
e facoltativamente del rapporto di cambio;
- emissione di apposito scontrino fiscale da allegare al libretto di
dotazione;
- attivazione del totalizzatore in euro.
Tale procedura d'ingresso non dovra' influenzare il contenuto dei
contatori degli scontrini di chiusura e dei ripristini fiscali.
L'inizializzazione dell'apparecchio alle condizioni di funzionamento
nel periodo transitorio richiedera' un intervento dell'utilizzatore.
Al termine del periodo transitorio, atteso che fatta salva che la
registrazione dei dati nella memoria fiscale deve avvenire unicamente in euro,
l'apparecchio misuratore fiscale dovra' essere inizializzato alle nuove
condizioni di funzionamento secondo quanto indicato al punto 1. Inoltre
dovranno essere espletati i seguenti adempimenti:
- scrittura in memoria fiscale della data del passaggio al periodo definitivo
e facoltativamente del rapporto di cambio;
- emissione di apposito scontrino fiscale da allegare al libretto di
dotazione;
- congelamento del gran totale espresso in lire.
La procedura non dovra' influenzare il contenuto dei contatori degli
scontrini di chiusura e dei ripristini fiscali.
La lettura del contenuto della memoria fiscale dovra' evidenziare i
totali nella valuta in cui sono stati memorizzati.
Criteri di approvazione dei nuovi modelli e delle modifiche di quelli gia'
omologati.
I modelli di apparecchi misuratori fiscali non conformi alle norme
tecniche emanate a seguito dell'introduzione della moneta unica potranno
essere approvati con validita' limitata al 31 dicembre 2001. Tale data deve
essere indicata nel libretto di dotazione fiscale.
I nuovi modelli di apparecchi conformi alle nuove prescrizioni
tecniche saranno approvati sulla base della normale procedura di omologazione.
Quelli gia' omologati, che saranno adeguati alle nuove prescrizioni
tecniche, dovranno essere nuovamente approvati dall'Amministrazione
finanziaria sulla base del parere della Commissione per l'approvazione dei
modelli di apparecchi misuratori fiscali, limitatamente alle sole innovazioni
tecniche apportate. A tal fine sara' sufficiente produrre idonea
documentazione tecnico-amministrativa (apposita istanza in bollo da cui si
evinca il contenuto delle modifiche, allegati tecnici e quanto altro
occorrente), accompagnata da specifica dichiarazione impegnativa, resa dal
produttore titolare dell'omologa originaria e dal distributore, se diverso dal
fabbricante dell'apparecchio, attestante che le modifiche tecniche apportate
per l'adeguamento all'uso dell'euro incidono sul funzionamento fiscale solo
limitatamente alle modifiche stesse e che sono conformi alle prescrizioni
tecniche e giuridiche concernenti la materia.


APPENDICE 2
DISPOSIZIONI NORMATIVE.
. REGOLAMENTO (CE) N. 1103/97 DEL CONSIGLIO DEL 17 GIUGNO 1997 (Omissis);
. REGOLAMENTO (CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO DEL 3 MAGGIO 1998 (Omissis);
. DECRETO LEGISLATIVO 24 GIUGNO 1998, N. 213 (Omissis).

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